Cedimento Muscolare | Sempre e comunque utile?

cedimento muscolare sempre utile

Il cedimento muscolare era visto inizialmente come un must dell’allenamento con i pesi. Non aveva senso anche solo iniziare una serie se in testa non avevi in mente di spremerti fino all’osso. Questo concetto e questa filosofia sono state temperate nel corso degli anni e le posizioni dei tecnici si sono divise. Attualmente sono molti i preparatori che sostengono che gli allenamenti in buffer possono esser produttivi e portare ad un adattamento in termini ipertrofici.

Alla luce di queste ultime posizioni abbiamo chiesto ad alcuni tecnici e preparatori del panorama del Bodybuilding Natural Italiano cosa ne pensavano sull’argomento. In questo articolo andremo a vedere i loro commenti, le loro posizioni e cercheremo di dare punti di vista differenti sulla questione.

Cedimento muscolare, cosa dicono i tecnici?

cedimento muscolare nel bodybuilding

Fabrizio Liparoti

Ciao a tutti dico la mia sull’argomento…

Come al solito quando si discute di allenamento si parla spesso per partito preso e poco in modo logico, alcune volte bisognerebbe fermarsi, analizzare pro e contro e agire di conseguenza, ma poche volte si ragiona cosi…
L’esaurimento muscolare funziona??…
Certo, tutto funziona a patto che viene settato nel giusto contesto.

É una variabile (aumento dell’intensità percepita) la quale, al suo aumento, porta inevitabilmente ad abbassare le altre…

Quando si parla di natural bodybuilding e di allenamento c’è da fare i conti con recupero muscolare(stimato in una ripresa di 2-3 giorni) e recupero del sistema nervoso (dove il recupero può impiegare anche 7-10 giorni)…da questo primo punto possiamo capire che “eccedere” con qualcosa che a livello nervoso è molto impattivo non è mai il massimo.

Prima di parlare esaurimento bisognerebbe capire quanto (su quante serie arrivare ad esaurimento) e come (su che tipi di esercizi, multiarticolari o isolamento) perché le carte in gioco cambiano e tanto…

Detto questo quali sono i pro e i contro??…

  • Tra i pro abbiamo sicuramente un miglior lavoro sul muscolo con un alta intensità percepita(abbiamo aumentato un parametro e possiamo sfruttare bene la situazione per stimolare la crescita in una giusta programmazione e in un giusto momento della preparazione)
  • Tra i contro (da contestualizzare) peggioramento del recupero del sistema nervoso (che impiega più tempo per recuperare confronto a quello muscolare e quindi potrebbe a lungo andare limitare la crescita), meno volume allenante (se è alta l’intensità non possiamo spingere il volume alto, altrimenti ,se i due parametri sono entrambi “spinti”, dopo una settimana saremo cotti), meno intensità di carico (se raggiungo l’esaurimento ad ogni set il carico andrà sempre più ad abbassarsi di set in set, meno frequenza (dovuta al peggioramento del recupero)…

Funziona??.. certo, ciclizzato e ben impostato funziona ma soprattutto funziona se impostato sui giusti atleti e con i giusti volumi (perché non tutti sono capaci di raggiungere il vero esaurimento muscolare e questo limita non poco l’allenamento…)

Funziona lavorare sempre così???….assolutamente no, come per tutti i parametri se ciclizzati vanno benissimo, ma se estremizzati portano solo al fallimento (qualsiasi esso sia)…

Per gli atleti che seguo personalmente non sono un amante dell’esaurimento muscolare (mi limito al massimo a dei cicli portando solo l’ultimo set ad esaurimento di un esercizio) perché ho visto trarre più vantaggi dall’utilizzo di un mix degli altri parametri.
Ho visto più risultati ad aumentare volume, densità sistemica, frequenza e intensità di carico…che intensità percepita.
Con questo non voglio dire che si deve fare l’esatto contrario e trovare la scusa per non “spingere” durante gli allenamenti, ma di solito faccio lavorare con 1-2 “colpi in canna” in modo che il lavoro diventa comunque efficiente ed efficace.
Ecco il mio personale punto di vista ed approccio all’argomento…

Domenico Aversano

I miei 2 cents : il cedimento è “un’arma” molto potente che va saputa gestire e soprattutto usata nei contesti giusti.

I pro del cedimento sono :

  • completo reclutamento ed esaurimento delle fibre ed eventualmente nei giusti protocolli, depauperamento dei substrati energetici utili all’ipertrofia.
  • possibilità di usare in modo proficuo carichi più leggeri; da tenere in considerazione per esempio per persone meno giovani o con storia clinica limitante
  • allenamento più istintivo e per certi versi più facile

Una volta che si è imparato a gestire e raggiungere, è difficile da sbagliare.

I contro del cedimento sono :

  • molto tassante sul SNC, se usato precocemente alle prime serie può compromettere il volume e l’intensità del resto dell’allenamento
  • porta naturalmente a degradare un po’ la tecnica (più uno è avanzato meno ciò accade) e quindi negli esercizi più complessi tecnicamente e pericolosi va dosato molto bene per evitare errori e possibili infortuni
  • se abusato può alzare enormemente la PERCEZIONE della fatica, anche a fronte di una mole di lavoro (frequenza x volume x intensità) in realtà bassa, compromettendo quindi la capacità di lavoro del soggetto.

Ragionando su questo io credo che :

  1. Vada centellinato sugli esercizi complessi a basse ripetizioni ed alti carichi, dove già di per sè i carichi alti (>80/85% RM) permettono un reclutamento completo o quasi delle unità motorie (reclutamento diverso da esaurimento muscolare) ed anche lavorando a leggero buffer si può ottenere un stimolo molto importante.
  2. Può essere usato più frequentemente sugli esercizi meno complessi ad alte ripetizioni, dove usando carichi più bassi c’è bisogno di un RPE maggiore e quindi più vicini al cedimento per trarne il miglior stimolo allenante, e usando carichi più bassi il rischio infortunio è decisamente minore (ma non totalmente assente).
  3. Vada usato praticamente sempre o quasi negli esercizi più semplici, in generale tutti i monoarticolari e gli esercizi poco tassanti a livello sistemico dove in generale si usano carichi medio bassi (come % di RM).ù

Un discorso totalmente a parte è quando si fanno lavoro propriocettivi\tecnici. In questo contesto, non si cerca uno stimolo ipertrofico vero e proprio, ma di memorizzare movimenti, sensazioni, feeling e feedback con il proprio corpo. Per ottimizzare ciò, è fondamentale la ripetizione del gesto (o della sensazione) quanto più pulito possibile e sempre uguale.

Quindi alta frequenza ma anche alta tecnica e pulizia, e considerando che il cedimento rallenta sia il recupero (quindi non permette una frequenza molto alta) e spinge a degradare la tecnica ed a sviare le sensazioni dal lavoro reale, credo che in questi protocolli vada centellinato, in quanto è un percorso “didattico” che deve essere il più pulito possibile.
All’opposto, molte persone soprattutto novizi non sanno cosa sia il cedimento reale, e periodi dove si lavora portando quasi tutte le serie a cedimento proprio per insegnargli cosa vuol dire il cedimento vero e che sensazioni porta… possono essere molto molto fruttuosi.

Perchè per decidere se utilizzare o no uno strumento, bisogna prima di tutto conoscerlo e saperlo usare.

Ludovico Lemme

Il cedimento rappresenta l’intensità percepita, una variabile sulla quale poter puntare. In questo ha un diretto transfer a livello ipertrofico.
Sopra ogni cosa va in sostanza considerato che un grado di intensità medio-alto (e per il BB si parla abbondantemente di cedimento) non solo è facilmente sopportabile nell’atleta natural (anche in multifrequenza) ma AMPLIFICA l’adattamento ipertrofico quando si lavora sulle altre variabili.

Bisogna però distinguere tra:

  • cedimento tecnico,
  • cedimento concentrico,
  • cedimento isometrico,
  • cedimento eccentrico.

Mentre gli ultimi rappresentano sforzi elevati per un’atleta, il primo è molto vicino al buffer. Sono gradi di sforzo profondamente differenti e, per questo, abbiamo elaborato un grafico RPE ri-adattato al bodybuilding che trovate nel video sul nostro canale.

Il cedimento tecnico, nel BB, è un grado di intensità medio, NON alto. Noi abbiamo sperimentato spesso lavori sul volume o sulla densità a gradi di cedimento bassi (buffer o cedimento tecnico) ma l’overreaching era difficile da raggiungere a meno di non fare maratone in palestra.

In soldoni se faccio lavorare un buon atleta in buffer, per portarlo in overreaching sul volume mi ritrovo a fargli fare sedute da 40-50 set allenanti 6 volte a settimana. Il cedimento tecnico è facilmente raggiungibile, facilmente sostenibile e, nella maggior-parte dei casi, assolutamente auspicabile.

Oltre a questo, mi riallaccio alle parole di Marco Maso, il cedimento è un parametro OGGETTIVO all’interno della seduta. In un clima fatto di numeri e ipotesi, raggiungere il cedimento tecnico ci permette di avere un punto di riferimento tangibile all’interno della nostra sessione di allenamento.

L’intensità percepita è un’abilità e, come tale, va allenata.

Il Bodybuilding è uno sport. Lo sport comporta un lavoro di superamento ed abbattimento dei propri limiti e della propria performance.

Matteo Picchi

cedimento utile

Il cedimento credo debba essere inquadrato sotto molteplici aspetti per poterne definire usi e modalità. Un utilizzo frequente del cedimento impone allenamenti più rarefatti e brevi . Un modo di ottimizzare le sessioni, indubbiamente.

Se si punta su volume e frequenza si deve fare un passo indietro. Ma c’è esaurimento ed esaurimento. Cedere su serie lunghe ed esercizi specifici non è un problema nemmeno per chi si allena di frequente. È il cedimenti su esercizi composti e carichi elevati che impone dei limiti severi.

Il fattore sicurezza non è da sottovalutarsi poi. Spesso il gioco non vale la candela. Alcuni esercizi vanno conclusi con un minimo di margine.

In definitiva, cedimento sì o no?
Credo che su esercizi di isolamento non sia un problema ricercarlo, anzi, è un modo per porre rimedio a progressioni di carico difficilmente attuabili. Su tutti gli altri è un asso nella manica da usare con parsimonia.
Discorso diverso per i principianti. Escludendo gli esercizi di base, ne trarrebbero tutti giovamento dallo ‘spremersi’ un po’ di più.

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Mi interessa l'allenamento per:

 

Luca Usai

Il cedimento muscolare è uno degli argomenti più dibattuti sui gruppi Facebook da quando sono nati quelli sul Bodybuilding.

Io l’ho sempre visto un po’ come un essere mitologico perchè, parliamoci chiaro, quante persone conosciamo che raggiungono il vero cedimento muscolare durante i loro allenamenti?
Io non ne conosco molte, dato che è necessaria una grande maturità nell’allenamento.

Dico sempre che prima di raggiungere il cedimento muscolare le persone toccato e si fermano alla soglia del cedimento psicologico.
Faccio sempre questo test (non ricordo bene chi l’avesse tirato fuori, forse Arnold):
Arrivate in un esercizio all’ultima ripetizione dell’ultima serie, dove pensate che abbiate raggiunto il massimo, poi immaginate che stiano puntando una pistola alla testa ad una persona a te cara e spareranno se non fate altre 2 ripetizioni; sono sicuro che tutti ci riusciranno.

Il cedimento psicologico va allenato, richiede maturità ed esperienza, poi si può parlare di cedimento muscolare.

Arrivando al pratico, Il cedimento muscolare, come diceva bene Fabrizio Liparoti, è un parametro e come tale va gestito.
Personalmente lo ritengo utile negli esercizi di isolamento solitamente monoarticolari in cui lavoro su serie metaboliche.

Da grande fan di Hatfield tendo a prediligere questo schema:

  • Grandi multiarticolari (se si eseguono): cedimento tecnico o buffer
  • Complementari: cedimento tecnico
  • Isolamento: quello che più si avvicina ad un cedimento muscolare

Ovviamente questo discorso va anche contestualizzato.
Un principiante il cedimento muscolare lo deve guardare con il binocolo, non sarebbe proficuo e non lo saprebbe a prescindere sfruttare per quello che serve.

Infine, sempre come diceva sempre Fabrizio, non ha senso intestardirsi solo sul cedimento muscolare, come non ha senso fare solo lavori a buffer di 3 ripetizioni, il corpo è una splendida macchina per adattarsi e i parametri per l’ipertrofia li conosciamo ormai da tempo; di conseguenza: “variazione e ciclizzazione degli stimoli” deve essere il nostro mantra.

Questo è il mio parere.

Niccolò Balboni

La mia sul cedimento.
Come hanno detto gli altri è un arma che va sfruttata nel modo giusto al momento giusto ma anche non su tutti. Il cedimento di per sé ha tanti vantaggi: dal reclutamento alla risposta ormonale ecc., ma anche degli svantaggi.

Contestualizzarlo e “ciclizzarlo” a seconda dello stimolo ricercato secondo me e’ una scelta vincente.

Quando usarlo:

  1. progressioni sull intensita’ percepita;
  2. lavori di endurance (la maggior parte degli adattamenti li otteniamo a cedimento);
  3. su complementari o esercizi di isolamento non coordinativamente difficoltosi (no squat/stacco eccetto test ) non nel cronico comunque;
  4. per far capire ai neofiti o comunque a chi decide di applicarsi seriamente, per farli rendere conto di cos’è l’RPE e capacitarli delle proprie capacità;
  5. con soggetti non in possesso di un bagaglio tecnico adeguato;
  6. alla fine di un blocco a volume per dare la cosiddetta “mazzata finale” per ottenere l overreaching.

Quando non usarlo:

  1. in blocchi di accumulo quindi con volumi elevati magari alla ricerca dell MRV partire subito con rpe/rir elevati puo’ compromettere la progressione nel tempo;
  2. in lavori ad intensita’ di carico elevate, l accumulo di fatica sull SNC potrebbe creare problemi a livello tecnico e prestativo magari non nell immediato ma le sedute successive;
  3. su individui con vite/periodi stressanti (molto) o fa il turnista magari in maniera poco programmata.

In soldoni va contestualizzato ma non bisogna pensare che allenarsi solo a buffer elevati (5/6) sia meglio che allenarsi a cedimento e oltre, sempre.
Bisogna stare nel mezzo buffer di 2-3 fino a cedimento tecnico (e oltre) quando serve.

Nicolò Liani

Sicuramente la questione cedimento muscolare merita un dibattito lungo ed approfondito dato che a mio parere ci sono diversi fattori da tenere in considerazione. La mia idea riguardante il cedimento, da quando ho cominciato ad allenarmi con i pesi 6-7 anni fa, è sicuramente cambiata. Ciò è stato influenzato sopratutto dalle evidenze scientifiche riscontrate non troppo tempo fa, oltre che i pareri di tanti esperti del settore come : Schonfield, Helms, Norton, Israetel ecc.

Sappiamo ormai con buona certezza come il cedimento non sia indispensabile per dar luogo ad ipertrofia muscolare, ma non con questo non può risultare uno strumento per OTTIMIZZARE i nostri risultati. Il cedimento non è superiore per un maggior reclutamente di fibre muscolare come in tanti continuano a dire (sappiamo infatti come carichi superiori all’ 80% dell’ 1RM richiamano uno spettro completo di fibre muscolari già dalla prima ripetizione).

Il cedimento non ci permette di fare piu’ volume a livello globale (è inutile vedere la singola serie) perchè tendenzialmente affaticherà maggiormente il nostro sistema nervoso, impattando negativamente sia sulla stessa seduta allenante che sui tempi di recupero generali quindi poi sugli allenamenti successivi.

Bisogna però capire che il cedimento va analizzato anche sull’ esercizio che si prende in esame, dato che credo che anche un non esperto del settore riuscirebbe a capire che un 8RM di squat non genera lo stesso grado di stimolo e fatica di un 8RM di leg extention per dirne una.
Dunque in generale la linea guida che troviamo è di lavorare sugli esercizi a grandi catene muscolari tendenzialmente sempre a buffer di almeno 1-2 ripetizioni ed eventualmente sui monoarticolari a fine sessione tirare serie al cedimento dato che comunque un “set to failure” su questi ultimi non darà luogo a un accumulo di fatica cosi marcato.
Sostanzialmente è giusto ed è quello che consiglio anche io di fare.

C’è un però, che ho riscontrato essere un qualcosa di potenzialmente parecchio limitante nel lungo termine. Ovvero quando parliamo di cedimento , parliamo di grado di sforzo percepito, senza entrare nell’analisi dei vari tipi di cedimento, diciamo che il cedimento muscolare è inteso come un 10 RPE (credo che ormai tutti conoscete la scala RPE, Rate of Perceived Exertion). Bene quello che riscontro sempre di più è che le persone (mi ci metto anche io in alcuni frangenti), non hanno una buona autocriticità del proprio RPE. Ha fatto Jeff Nippard proprio un video a tal proposito di recente, dove ha evidenziato come le persone che pensano che in un dato esercizio si stia facendo uno sforzo di 8 RPE in realtà è uno sforzo di 4-5 RPE. Parliamo quindi di lasciare ripetizioni su ripetizioni sempre sul tavolino e di conseguenza di fare sempre meno volume di quello che il corpo potrebbe svolgere.

Concludendo credo che il cedimento se utilizzato in maniera strategica, possa essere un alleato, ma bisogna capire prima di tutto quanto realmente dista questo cedimento muscolare e per fare ciò credo ci voglia esperienza, tempo e pratica sul campo. Abusarne genererà nel tempo più probabilità di infortunarsi (sopratutto se si portano a cedimento esercizi multiarticolari pesanti) e allungherà sempre di più i recuperi fra le sedute, degradando la qualità delle stesse sia in termini di mole di lavoro che di rispetto del gesto motorio. Sapere però realmente qual è il nostro cedimento ci può permettere poi di programmare un sforzo globale piu’ sensato , non troppo incisivo ma nemmeno troppo blando che non porterà ad adattamenti significativi nel tempo.

Marcello Delfitto

french press

Risposta breve: dipende.

Risposta approfondita:
bypasso la parte dei “pro e contro” che hanno già esposto correttamente i miei colleghi Fabrizio e Domenico. Penso che il cedimento muscolare sia un’arma da usare dal livello intermedio in poi, quando si è già padroni della tecnica e quando si tollerano intensità elevate, in questo caso può davvero essere usato a nostro favore superando la soglia dell’esaurimento e creare un danno muscolare di più grossa entità.

Un vantaggio degli allenamenti a cedimento (e oltre, grazie a tecniche di intensità) é che, una volta raggiunta una condizione da gara, spesso la muscolatura testimonia una maggiore qualità e durezza.
Il problema è che spesso viene confuso il dolore percepito durante gli allenamenti a cedimento come una maggior efficacia dello stesso, anche a fronte di un pessimo lavoro muscolare (appunto compromesso dall’abuso del cedimento).
Ma la differenza tra dolore locale, fatica percepita e lavoro muscolare é abissale.

Normalmente viene accettato il dogma del dolore muscolare, lo si ricerca in ogni serie di ogni sessione di allenamento, pensando erroneamente che sia normale lavorare in sua presenza e che in assenza di questo non arrivino i risultati sperati.
Lavoro muscolare significa essere padroni della propria muscolatura, significa saper reclutare appieno le fibre, il lavoro di ogni muscolo va percepito già alla prima ripetizione del riscaldamento e non solo al sopraggiungere della massima fatica.

Inoltre ricercare sempre e solo la massima fatica ti impedisce di lavorare bene, e se riesci ad evitarla riuscirai di conseguenza a lavorare meglio e soprattutto molto di più.

Il nostro obiettivo non é patire del dolore ma ottenere una reale crescita muscolare.

Un qualsiasi principiante che voglia apprendere la corretta tecnica e, contemporaneamente, compiere una buona mole di lavoro efficace a livello ipertrofico è consigliato che stia lontano dal cedimento ma anzi mantenga sempre almeno 1-2 rip di buffer, a maggior ragione perché in questi casi il cedimento sarebbe tutto a livello neurale e non muscolare.

Gli intermedi ed avanzati (che si sanno allenare) sicuramente non faranno né tutto l’anno a buffer, né tanto meno tutto l’anno a cedimento.

Lorenzo Pansini

Premetto che sull’argomento cedimento e buffer ho scritto un lungo articolo in 3 parti per la futura rivista di Project inVictus, e quello che avevo espresso è piuttosto in linea con le posizioni di molti in questo articolo. Annunciando una breve anteprima, parto subito col dire che il fatto che il cedimento sia necessario per reclutare tutte le fibre è abbastanza speculativo, anzi direi incorretto. Dipende moltissimo dal rapporto con l’intensità di carico, ma di fatto io posso reclutare al massimo le unità motorie anche con buffer a margine piuttosto ampio, così come posso non reclutare tutte le unità motorie anche se raggiungo il cedimento. Cosa determina queste variazioni? Ne parlo nell’articolo.

Altra cosa molto importante, è che massima attivazione delle unità motorie non equivale necessariamente a massimo sviluppo dell’ipertrofia. La cosa che si da sempre per scontata anche in letteratura è che “è ovvio che per ottimizzare l’ipertrofia si debbano attivare tutte le UM”…ma questo è meglio non darlo per scontato, e vedremo perchè.

Quando parliamo di RM cosa intendiamo, cedimento tecnico o concentrico? Dato che tra l’uno e l’altro cambia solo una (mezza) ripetizione, e molte volte nella pratica è difficile distinguere l’uno dall’altro, a cosa si riferisce l’RM? Anche in letteratura non c’è un accordo convenzionale, alcuni lo fanno corrispondere al cedimento tecnico altri al concentrico. L’importante è capire che cedimento tecnico e concentrico sono molto vicini, mentre altre forme di cedimento (isometrico, eccentrico, assoluto) appartengono a vere e proprie tecniche di intensità spesso molto estreme.

Per quanto riguarda le estrapolazioni pratiche è bene avere chiara l’interazione tra intensità dello sforzo (cioè la variabile che riconosce il cedimento e il buffer) con tutte le altre variabili, e queste sono soprattutto frequenza specifica, intensità di carico, volume specifico, densità e tipo di esercizio. Cioè, se viene esasperata una variabile inevitabilmente verranno ridimensionate le altre. Questo vuol dire che il cedimento debba essere completamente evitato per interi mesocicli? Anche qui, poco realistico e troppo teorico, nonché non supportato dall’evidenza.

Ma è vero che “abusare del cedimento”, essendo potenziale causa di overreaching, limita l’ipertrofia? Anche qui, solite speculazioni teoriche predominanti in letteratura ma prive di basi reali. Il fatto che si possano rilevare dei marker di overreching non è automaticamente indice di sviluppo ipertrofico compromesso.

Un’ultima importante considerazione deve essere fatta per quanto riguarda la consapevolezza del cedimento. Abbiamo molti dati in letteratura a conferma che anche gli atleti avanzati spesso non portano la serie al vero cedimento anche se ne sono convinti, e tutto questo significa molto spesso ci si allena a buffer senza saperlo. Quello che dobbiamo aspettarci dai soggetti non allenati o meno allenati, è che il grado di buffer inconsapevole sia ancora maggiore. Il tutto combinato con la variabilità della performance da un giorno all’altro, rende il raggiungimento del vero cedimento molto spesso solo una stima falsata, ma questo non significa che sia un male.

La mia analisi era particolarmente focalizzata sul buffer dato che nel bodybuilding è storicamente messo in secondo piano. Ma quello che posso dire in chiusura è che il buffer, se entro margini più o meno definiti, è allenante per l’ipertrofia come il cedimento. E soprattutto, nel mondo reale in buona parte dei casi ci si allena a buffer senza esserne consapevoli, ma tutto ciò comunque rimane allenante.

Conclusioni sul Cedimento Muscolare

In soldoni come comportarci? Quello che emerge dalla posizione dei diversi tecnici è che il grado di cedimento è una variabile che va saputa ciclizzare, modulare e periodizzare. Bisogna inoltre distinguere il cedimento nelle sue diverse forme, quello tecnico, più vicino al buffer, e quelli concentrico, isometrico ed eccentrico che richiedono gradi di sforzo maggiori.
Anche l’applicarlo agli esercizi monoarticoli, rispetto ai multiarticolari complessi è un elemento che molti hanno evidenziato.

Quello che dobbiamo portarci a casa è che ognuno dei tecnici parla per quello che ha sperimentato sul campo e contestualizza secondo la risposta media dei suoi atleti. Se ragioniamo su un singolo caso (il nostro) non ci servirà altro che sperimentare, provare a sostenere gradi di intensità più o meno elevati, capire se e quanto li reggiamo e trarre le nostre conclusioni.

La scienza è sempre spiegazione dell’esperienza!

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Andrea Biasci

Fondatore del Project inVictus e autore di Project Nutrition, il libro sulla nutrizione con più di 90 000 copie vendute, che unisce la teoria alla pratica su base scientifica. Laureato in Scienze Motorie e nella magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Per anni è stato Professore Universitario a contratto presso l'Università degli Studi di Milano. Maggiori informazioni

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