L’estetica del gesto

La solita “fissa per la massa” tipica del frequentatore medio della palestra lo porta a ricercare qualsiasi movimento che possa farlo diventare più grosso. Il problema è che con questa fissa vengono giustificate le peggiori cose: rimbalzi, movimenti parziali, strattonamenti perchè servono tutti per prolungare la durata di una serie e applicare più stimoli ai muscoli.

In questo modo diventa però difficile parlare di “corretta forma esecutiva” perché non si riesce a dare dei canoni precisi: perché dovresti toccare il petto con il bilanciere nella panca, se tanto “per la massa” va bene arrivare a 2 cm dal petto? Non stiamo parlando di ¼ di movimento, ma di non toccare il petto di poco, suvvia… se lo stimolo è inferiore a 2 cm tanto caricherò di più e pareggio, no?

Tutto questo fa nascere discussioni immense fra due fazioni:

  • Quella dei fissati della tecnica, con bordate di studi scientifici pieni di elettromiografie, attivazioni, lain ofpull, attenzione ai pixel dei video postati da chiunque
  • Quella dei nostalgici “ah icciofani non spingono più come una volta, quando ci allenavamo nei cantieri ed esistevano le mezze stagioni, noi sì che picchiavamo duro senza pensare alle cazzate”

Poiché secondo me, invece, esiste una tecnica degli esercizi per il bodybuilding, vorrei affrontare il problema da un altro punto di vista, che altro non è che un vero e proprio back to basics.

Una foto “bella”

Nella figura qua sotto una immagine che mi colpisce sempre, anche oggi dopo tantissimi anni: Al Oerter, che lancia il suo disco. L’immagine è carica di tensione, si percepiscono i muscoli tesi dell’atleta, si muove anche se è una foto, statica. Si capisce benissimo che l’atleta sta ruotando come in una danza per creare un movimento che non solo lancerà il disco il più lontano possibile, ma anche in una ben precisa direzione.

Al Oerter, lancio del disco, 1980
Al Oerter, lancio del disco, 1980

Lui, Al, pensa di voler mandare il disco… “laggiù” e il suo corpo si muove per farlo, ogni sua fibra muscolare, ogni treno di impulsi elettrici dei suoi neuroni si coordineranno per ottenere questo risultato, in un gesto di una forza e di una grazia incredibili. La bellezza di questa immagine è data dalla sensazione di controllo assoluto che ha l’atleta del suo corpo e del disco: lui sa che vuole ottenere quel dato movimento e… lo ottiene.

L’estetica del movimento, oltre che del corpo

La fissa per la massa ha fatto perdere di vista l’estetica a tutto tondo del corpo umano, concentrandosi solo sulla ricerca di una certa forma fisica esteriore. Ma c’è, invece, una estetica anche del movimento del corpo, e questa va recuperata e fatta propria.

Uno squat profondo, con le chiappe che toccano i polpacci, è “bello” perché denota controllo del peso in un movimento complicato come sanno tutti quelli che l’hanno provato e questo è tanto più vero quanto più carico c’è sul bilanciere. La complessità del movimento determinata dall’escursione articolare completa sotto un carico enorme crea una regola del tipo “più scendi, più sei bello”.

Il controllo del corpo sotto carico si esprime non solo con una escursione articolare completa, che prenda tutto l’arco di movimento possibile e così anche i punti più difficili, ma anche dall’assenza di tentennamenti, di vibrazioni. Tutto questo è “bello”: il controllo del mezzo.

Immagina questa situazione: la tua mamma entra in palestra e cerca uno che ritiene sia competente, diciamo l’“istruttore” che però non ha la maglietta con scritto “staff”. Vede un tipo sotto ad una pressa a 45° stracolma di dischi che ci saranno voluti 20’ per caricarla, sbuffa, urla, fa muovere il carrello forse di 15 cm, lentissimo a spingerlo via, dà proprio l’impressione che siano i pesi a fargli il favore di tornare su… Poi vede un altro tipo che va in su e in giù con il bilanciere con 100 kg per molte volte, la tua mamma non lo sa ma vede due dischi grossi per parte che sono “un bel po’” mossi con sicurezza e senza alcuna indecizione.

Probabilmente la tua mamma, senza sapere nulla di “palestra”, andrebbe dal secondo, perchè denota controllo nel fare una cosa oggettivamente per lei difficile, ma lui la fa sembrare facile. L’estetica del gesto, appunto, è data dal controllo del gesto: potremmo parlarne per ore ma il controllo del gesto è percepibile da chiunque.

“Ma noi facciamo bodybuilding…”

L’obiezione che viene fatta è che il bodybuilding, concentrandosi sullo sviluppo della massa muscolare ha definito dei tipi di movimento ottimali per crearla: la tensione continua o l’angolo dove la forza muscolare è maggiore invitano a svolgere mezzi movimenti sincopati e traballanti che sono, francamente, orribili a vedersi semplicemente perché non denotano controllo. Basta, infatti, far eseguire lo stesso movimento con minor velocità e senza rimbalzi che il carico utilizzabile risulta inferiore, a dimostrazione che lo spostamento non era a carico della forza muscolare ma dei vari slanci e rimbalzi.

È poi del tutto da dimostrare che questo tipo di tecnica serva per l’ipertrofia muscolare, ma anche ammettendo che sia così, e non lo è, l’ottica va comunque spostata sul recuperare un senso estetico a tutto tondo: quello del movimento del corpo sotto carico, perché non ha senso avere corpi da supereroe che si muovono in modo banale.

Nel “resistance training”, l’allenamento contro resistenza, la difficoltà motoria contro cui dovrai lottare è il carico da muovere nei classici esercizi “da palestra”. L’abilità non è il muoverlo in sé, ma il muoverlo denotando, appunto, controllo: il carico che si sposta sotto il tuo totale dominio dal punto A al punto B, senza che tu lo “subisca”. Dal controllo deriva la “facilità” del movimento, pesi enormi mossi come se fossero… “leggeri”: l’estetica di uno squat è nel non scomporsi, nel fatto che il carico non fa cambiare “forma” al tuo corpo, senza tentennamenti, strattoni, movimenti diversi da quello che ci si aspetta (scendere e salire) cioè controllando completamente quello che fai come se non ci fosse il carico stesso (il secondo tizio dell’esempio dello squat).

Tu puoi negare tutto questo: non ti interessa, non serve per la massa, ma stai mentendo a te stesso perché anche tu guardi non solo un certo tipo di “corpo” ma anche un certo tipo di “movimento”.

Un test

Questa estetica del movimento esiste. Potremmo discutere se sia innata, acquisita nella crescita, dipendente dalla cultura ma… esiste. Nelle figure da A a D sempre lo stesso esercizio, una squadra alle parallele che è un movimento che denota forza ed eleganza, con 4 variazioni della sola posizione dei piedi: in A (che è l’immagine di apertura)  i piedi sono “tesi” a formare due “punte”, in B sono dorsiflessi, a 90° rispetto alle tibie, in C c’è una ulteriore dorsiflessione a cui si aggiunge una eversione, in D le dita sono completamente distanziate fra loro.

Squadra alle parallele versione A con punte "dritte"
Squadra alle parallele con i piedi allineati con le gambe (plantarflessi), si crea una “linea” esteticamente gradevole
Squadra alle parallele versione B - Piedi a martello
Squadra alle parallele con punte dei piedi a martello (dorsiflessi), la “linea” si spezza e il risultato estetico è peggiore del precedente

In tutti i casi la difficoltà è la stessa: necessità di stabilizzazione dei muscoli della parte superiore del corpo per non oscillare, contrazione dei muscoli del core addominale e dei flessori dell’anca per mantenere a squadra le gambe e molto altro. Di sicuro la posizione dei piedi non è un elemento di difficoltà così drammatico da rendere D più semplice di A.

Ora, quale immagine preferisci? “La D!” Eccerto, eccerto…

Tenere una data posizione dei piedi, nel computo di tutte le difficoltà del movimento, è irrilevante. Eppure l’assetto A è il più “bello”, il D è “orribile”. Una posizione dei piedi è in linea con quella delle gambe, seguendo e prolungandone le forme affusolate crea una “linea” più “bella”. Addirittura, proprio le dita devono essere vicine per non spezzarla!

Squadra alle parallele - Versione C - piedi a papera
Squadra alle parallele con punte dei piedi a martello e “a papera” (in eversione), il risultato estetico peggiora ulteriormente
Squadra alle parallele - Versione D - Dita allargate
Squadra alle parallele dove ai piedi a martello e a “papera” si aggiungono le dita “aperte” (abdotte) ai piedi a martello e punte “a papera”

Cosa vuoi che comporti nella panca fermare il bilanciere a 1 solo centimetro dal petto o non serrare completamente i gomiti nel punto superiore? Semplicemente, che un arco di movimento non completo è più “brutto” di uno completo, tutto qua. Pertanto, i canoni tecnici che leggerai in questi articoli seguiranno anche posizioni, se vuoi, irrazionali. Che però rappresentano “essere belli” sotto carico. Ovviamente, per me e per chi concorderà…

È una questione di stile…

Questo sradica alla base qualsiasi discussione su queste cose: esiste uno stile. Poi, questo stile permette anche uno stimolo ipertrofico corretto e minimizza la possibilità di infortunarsi, e vedremo perché, ma l’aspetto fondamentale fondamentale è la ricerca di una estetica proprio nel movimento.

Un movimento sotto carico è tanto più “bello” quanto più c’è controllo del carico, una vera espressione di forza: non basta, cioè, ricercare semplicemente l’aumento della forza ma un aumento che denoti controllo.

Come vedi, non c’è nulla di fisiologico o scientifico. Per questo puoi non concordare, ma per me, per noi, la tecnica è ciò che serve per avere questo stile. Controllo del mezzo che stai pilotando, ma non controllo quando vai piano che è facile, controllo quando vai forte, che è più difficile. Anche io so tenere i piedi in linea con le gambe quando faccio una squadra a sedere, la difficoltà è farlo alle parallele!

Il controllo del carico deve essere il tuo stile: non devi avere solo un “bel corpo” secondo i canoni del nostro ambiente, devi anche avere un “bel gesto” quando ti muovi nel nostro ambiente, sotto carico e le regole tecniche che ti verranno proposte riflettono questa posizione.

E, ricorda, avere controllo è come avere classe, c’è chi ce l’ha e chi no.

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Paolo Evangelista

Laureato in Ingegneria e Scienze Motorie. Autore del libro "DCSS - PowerMechanics For Power Lifting", riferimento in Italia per la biomeccanica degli esercizi in palestra. E' stato professore a contratto per l'università di Scienze Motorie di Milano ed è professore a contratto per l'università degli studi del Molise. Maggiori informazioni